CIELI
D'ACQUA
I relitti aeronautici del secondo conflitto mondiale
nei mari del mondo.
di STEFANO
BERUTTI
Nella storia
dell'umanità la seconda guerra mondiale è stato il conflitto nel quale si
è fatto ricorso all'utilizzo di armi di ogni tipo da parte dei
belligeranti, comprese quelle nucleari. Fu proprio durante tale periodo
che l'aviazione si sviluppò ed affermò quale arma determinante nell'esito
delle battaglie. (1)
Fra il 1939 ed il
1945 le industrie aeronautiche delle varie nazioni costruirono un numero
senza precedenti di aeroplani: è stato calcolato che gli Stati Uniti
d'America realizzarono oltre 250.000 velivoli, mentre Germania, Gran
Bretagna, Italia, Unione Sovietica ed il Giappone produssero non meno di
500.000 apparecchi.
La maggior parte di questi velivoli sono stati
persi in combattimento oppure sono svaniti nel nulla durante le missioni
di guerra ed altro non si è saputo se non che non sono tornati alla base.
I
restanti velivoli vennero impiegati in altri conflitti, ma la maggior parte
di queste macchine venne messa in disarmo, fatta fondere o lasciata
arrugginire. Così, ad esempio, dei complessivi 12.731 esemplari di "B17
Flyng Fortress" solo 20 sono arrivati fino ai nostri giorni, cioè lo 0,15%
del totale, e si tratta di uno dei modelli più diffusi, mentre altri
velivoli, e sono la quasi totalità, furono quasi tutti
distrutti.
I pochi aerei
"sopravissuti" ed ancora funzionanti vennero acquistati da privati per
impieghi agricoli, trasporto merci o fotografie aeree, subendo spesso
importanti modifiche nella struttura ed adattamenti per i nuovi impieghi
tanto che, ad esempio, fino a poco tempo fa in Bolivia veniva utilizzato
un B17 per il trasporto di carni fresche avendovi installato una cella
frigorifera.
Nel 1977 in Italia si giunse alla fondazione del Museo
Storico dell'Aeronautica di Vigna di Valle, avendo salvato solo pochissimi
velivoli dell'ultima guerra: in alcuni casi, per poter procedere
al restauro ed alla musealizzazione di alcuni di essi, si rese necessario
il recupero di relitti aeronautici precedentemente localizzati in
mare.(2)
Ma oltre ai musei dell'aeronautica, solo il mare
custodisce gli aerei della seconda guerra mondiale anche se l'ossidazione
e l'azione elettrochimica dei sali dell'acqua contribuisce al loro lento
ed inesorabile deterioramento. Inoltre i relitti aeronautici giacenti sui
fondali marini, almeno per quanto concerne quelli accessibili ai subacquei
sportivi fino a 50-60 metri di profondità, sono sottoposti alla
distruzione ed asportazione delle loro parti dai "cacciatori di souvenir".
La mancanza di alcuni pezzi del relitto determina la difficoltà per i
ricercatori di poter risalire alla sicura identificazione dell'aereo, al
Reparto di appartenenza ed alla storia del velivolo: è come se ad un libro
venissero strappate le pagine. (3)
Sequenze
di recupero del caccia "Curtiss
P 40 L Warhawk", Latina 1998.
Per gentile concessione di Angelo
Silvestri, 2004. |
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Una nuova
archeologia?
Fu il generale Giuseppe Pesce, fondatore del
Museo Storico dell'Aeronautica, a coniare il termine di "archeologia
aeronautica" ed a definire i criteri metodologici ed operativi della nuova
disciplina (4).
Istintivamente si è portati a mettere in relazione il
reperto oggetto di studio con il tempo trascorso e pertanto ciò che è
stato realizzato "soltanto" cinquanta o sessant'anni fa potrebbe essere
considerato troppo "giovane".
Ma il concetto di antichità è relativo
visto che la rapida evoluzione tecnologica ha determinato
l'invecchiamento di oggetti del recente passato; pertanto un piccolo
intervallo di tempo può essere considerato lungo, se la velocità di
variazione dei fenomeni nel periodo considerato è molto grande.
La
ricerca e lo studio dei relitti aeronautici, spesso condotti con le stesse
tecniche d'indagine e di scavo dell'archeologia subacquea (5), hanno
consentito non solo di risalire alle caratteristiche costruttive dei
velivoli ma anche a fatti e vicende della storia che hanno visto
protagonisti questi mezzi e gli uomini che li pilotavano, altrimenti
destinati e restare sconosciuti.
Senza lo sforzo dei ricercatori e
degli appassionati di "archeologia aeronautica" probabilmente le future
generazioni, che conoscono ben poco degli aerei ad elica, potrebbero non
sapere più niente di questi stupendi velivoli che rappresentano una parte
significativa del nostro passato e dei quali è importante preservare
la memoria.
Un mondo di ali sommerse
I relitti aeronautici
sono localizzati sopratutto nelle località in cui gli scontri e le
battaglie sono stati più intensi e cruenti.
Basti pensare alle battaglie
aeronavali combattute tra i giapponesi e gli americani per il controllo
delle isole del Pacifico: battaglie quali, ad esempio, quella delle Isole
Marianne, Iwo Jima od Okinawa, solo per citarne alcune, ebbero un esito
decisivo grazie al consistente impiego dell'arma aerea da parte dei
contendenti.
L'arcipelago Truk, situato ad oriente delle Filippine a 7°
di latitudine nord, già teatro di queste violente battaglie, è attualmente
uno dei cimiteri di navi ed aerei da battaglia più spettacolari.
Questo
arcipelago della Micronesia, caposaldo giapponese nel Pacifico durante la
seconda guerra mondiale, grazie alla sua conformazione naturale era
considerato pressochè inespugnabile tanto che venne soprannominato la
"Gibilterra" del Pacifico. Quando nel 1943 gli americani stabilirono il
piano per la sua conquista si pensò ad un attacco con soli aerei, sistema
che avrebbe poi fatto la storia nella conquista del Pacifico.
Il 16
febbraio 1944 incominciò l'operazione d'attacco "Hailstone": durante la
notte la flotta navale americana formata da nove portaerei, sei corazzate,
diversi incrociatori e cacciatorpediniere, si avvicinò a Truk. All'alba
del successivo 17 febbraio ben 72 caccia "Hellcat" si alzarono in volo
e puntarono contro la fortezza giapponese. La battaglia che ne scaturì fu
la più cruenta che la storia ricordi: ogni trenta secondi una aereo
precipitava in fiamme. Poche ore dopo decollarono dalle portaerei
americane anche i bombardieri "Dauntless" e gli aerosiluranti "Avenger" i
quali compirono una trentina di incursioni, ognuna delle quali venne
stimata essere stata più violenta rispetto all'attacco giapponese a Perl
Harbour.
Alla fine della battaglia, oltre alle fortificazioni giapponesi,
risultarono distrutti complessivamente 416 aerei ed affondate oltre 60
navi.
Il 15 agosto 1945 l'avanposto giapponese di Truk, stretto
d'assedio ed allo stremo delle forze, capitolò definitivamente.
Negli
anni successivi il conflitto l'arcipelago micronesiano rimase
completamente chiuso per consentire le operazioni di bonifica della
laguna. Oggi Truk è stata dichiarata zona di rilevante interesse storico e
nulla di quanto si trova nei suoi fondali può essere asportato: i relitti
della Laguna costituiscono un vero e proprio museo sommerso, meta
prediletta dei subacquei di tutto il mondo.
Nel Mediterraneo i relitti
sono distribuiti su una superficie decisamente più vasta, pertanto in un
contesto che rende difficilmente praticabile la realizzazione di un "museo
sommerso" simile a quello micronesiano. Tuttavia è possibile individuare
alcune zone che, per la concentrazione di relitti aeronautici, risultano
particolarmente interessanti per l'archeologia.
Nella zona di mare
circostante le isole di Malta, Gozo e Comino, già teatro di una guerra
aerea particolarmente intensa, giacciono numerosi relitti aeronautici
della
seconda guerra mondiale di ogni nazionalità: inglesi, italiani, tedeschi
e americani. Anche la zona attorno all'isola di Pantelleria e tutta la
costa
meridionale della Sicilia risultano particolarmente interessanti: la
conformazione dei fondali e la non eccessiva profondità, che ad una
distanza media di circa venti chilometri dalla costa non supera quasi mai
i 50 metri, facilitano e rendono questa zona particolarmente adatta alle
ricerche archeologiche.
Particolarmente interessante è anche la costa
di Reggio Calabria, il Golfo di Salerno e la zona di mare antistante Anzio
e Nettuno, quest'ultima teatro dello sbarco alleato del 1944, nelle cui
acque poco profonde giacciono numerosi velivoli.
Il tratto di mare
compreso tra la Corsica e la costa Toscana fu interessato nel periodo bellico
da
un
intenso traffico aereo diretto verso il centro Europa ed infine, per
quanto riguarda il mare Adriatico, la costa da Pescara fino a Manfredonia
presso la quale erano collocate numerose basi aeree
(6).
Due significativi recuperi
In Italia si è
proceduto, in almeno due occasioni, al recupero di relitti aeronautici
considerati di particolare interesse per il restaturo e la successiva
musealizzazione.
Il primo, avvenuto nel mese di giugno 1982, si
riferisce al tentativo di recupero di un aereo da caccia americano
"Republic P 47 Thunderbolt" mentre il secondo, avvenuto il 12 gennaio
1998, al recupero di un velivolo "Curtiss P 40 L Warhawk", unica versione
esistente di questo tipo di aereo da caccia.
Le operazioni
descritte in questo articolo, anche se conclusesi in modo diverso, sono
particolarmente importanti e significative per l'impiego di mezzi, uomini
e tecniche e trovano riscontro soltanto nei più tradizionali interventi di
archeologia subacquea. Inoltre, a parte l'interesse storico-museale che
questi relitti rappresentano, tali recuperi sono stati un vero e proprio
"banco di prova" per la nuova disciplina dell'archeologia aeronautica
nonché, nel bene e nel male, un punto di riferimento per eventuali
analoghe iniziative.
Nel mese di settembre del 1976, circa tre miglia
al largo della costa di Santa Marinella (Civitavecchia), durante
un'immersione su un fondale a venti metri di profondità, due subacquei
sportivi si trovarono inaspettatamente di fronte al relitto di una aereo
da caccia.
Ad un primo rapido esame il relitto, che si rivelò
essere un aereo da caccia americano "Republic P 47 Thunderbolt", si
presentava in complessive buone condizioni. Soltanto il motore era
staccato dalla struttura del velivolo mentre le pale dell'elica erano
leggermente piegate all'indietro. L'abitacolo, ancora integro, era aperto
e le cinture del pilota sganciate, indizi che permisero di ipotizzare che,
probabilmente, durante la fase di ammaraggio il motore girava lentamente
ed il pilota ebbe la possibilità di abbandonare l'aereo prima che
affondasse.
Il relitto fu segnalato alle competenti Autorità e, poichè si presentava
integro e di particolare interesse per un eventuale restauro e successiva
musealizzazione, ne venne deciso il recupero.
Le
operazioni vennero affidate ai Sommozzatori del Centro di Sopravvivenza
Aerosoccorritori dell'Aeronautica Militare ed al 1° Raggruppamento
Elicotteri Esercito "Antares" di Viterbo, con il contributo e la
consulenza del personale specializzato del Museo dell'Aeronautica di Vigna
di Valle.
Si provvide pertanto ad imbracare l'aereo ed a sollevarlo
mediante palloni idrostatici, quindi venne "trascinato" lentamente vicino
alla costa e appoggiato su un fondale più basso da dove si sarebbe
provveduto al successivo sollevamento con altri mezzi.
Per la prima
volta in Italia venne deciso di sperimentare il recupero di un relitto dal
fondo del mare mediante l'impiego di un apparecchio ad ala rotante, quindi
senza avvalersi dei pontoni galleggianti solitamente impiegati allo
scopo.
Poiché il velivolo era stato spostato nella zona di mare
antistante il Centro di Addestramento al tiro di Furbara, i Sommozzatori
del Centro di Sopravvivenza dell'Aeronautica Militare ritennero opportuno
assumere la responsabilità del recupero del velivolo nonchè quella di
coordinare le operazioni con il Ragruppamento "Antares", che mise a
disposizione un elicottero "CH 47 Chinook", in grado di sollevare un peso
massimo di circa diecimila chilogrammi al gancio baricentrico.
Il peso
del relitto venne stimato in circa seimila chilogrammi, tenuto conto anche
dell'acqua residua che inevitabilmente non avrebbe fatto in tempo a
defluire completamente dalla fusoliera.
Per tale motivo venne
deciso di sollevare il velivolo in posizione inclinata, con la coda verso
il basso, per facilitare la fuoriuscita dell'acqua dai portelli di coda.
L'aereo venne quindi imbracato con cavi d'acciaio collegati ad una
speciale piattaforma galleggiante, idonea ad agganciare automaticamente
il cavo di sollevamento dell'elicottero.
La mattina del 21 giugno 1982
iniziarono le operazioni di recupero; all'evento erano presenti molti
giornalisti e la televisione nazionale per documentare l'insolito
recupero.
Verso le 9,30 l'elicottero "CH 47" si posizionò sulla
verticale del relitto, lo agganciò e, stazionando in "hover", iniziò il
recupero dell'aereo. Improvvisamente sulla superficie del mare, sotto
gli
schizzi d'acqua creati dalla turbolenza delle pale dell'elicottero, apparve
come un fantasma il relitto del caccia americano "P 47".
L'elicottero
forzò al massimo i motori per circa trenta secondi poi, forse perché al
limite della capacità di sollevamento, fu costretto ad adagiare nuovamente
il relitto sul fondo.
Infatti, come dichiarò successivamente il pilota,
la temperatura ambientale non consentiva un ottimale raffreddamento delle
turbine dei motori dell'elicottero e pertanto venne deciso di non
rischiare oltre (7).
Si decise pertanto di rinviare il recupero per
effettuarlo in un'altra occasione a mezzo di un pontone galleggiante anche
se, di fatto, a causa di alcuni problemi tecnici e ad una buona dose di
sfortuna, fino ad oggi non è stato ancora possibile effettuare il recupero
del relitto.
Volo
attraverso il tempo
Nel 1997 il Presidente dell'Archeosub
Pontino, Sig. Angelo Silvestri, appassionato subacqueo, esperto di
velivoli storici e profondo conoscitore di relitti aeronautici, localizzò
a circa 200 metri dal litorale di Capo Portiere (Latina) il relitto,
pressochè integro, di un velivolo "Curtiss P 40 L Warhawk"
.
Considerate le ottime condizioni complessive del relitto, e
l'interesse storico che lo stesso costituiva, ne venne deciso il recupero,
non prima di aver espletato le incombenze burocratiche relative alla
denuncia del ritrovamento ed autorizzazione al recupero da parte delle
competenti Autorità.
E' significativo il fatto che, per la prima
volta in Italia, il recupero di un relitto di particolare interesse
storico ed archeologico è stato possibile grazie al totale impegno dei
privati ed, in particolare, dei subacquei dell'Associazione "Archeosub
Pontino" di Latina.
Ai lavori di recupero contribuì anche la Ditta di
Lavori Subacquei "Tecnosub", che mise a disposizione il pontone appoggio
necessario alle operazioni.
Nella fase di scavo, che durò tre giorni e
precisamente dal 9 all'11 gennaio 1998, il velivolo venne liberato dal
fango con delle "sorbone" e quindi imbracato e sollevato mediante
l'impiego di 14 palloni idrostatici che garantivano una spinta complessiva
di 12.000 Kg.
La spinta di sollevamento
era sicuramente ben superiore al peso del velivolo, stimato in circa
4.000 Kg, ma fu
necessaria per vincere l'effetto "ventosa" che la sabbia esercitava
sul relitto.
L'aereo, tenuto in sospensione dai palloni, venne quindi
collocato su una speciale "slitta", appositamente realizzata, necessaria
per trascinare e far "scivolare" il relitto fino a riva; l'operazione di
"traino" venne effettuata mediante una grossa gru collocata a
terra.
Appena recuperato, iniziarono subito le operazioni di restauro
del velivolo che durarono alcuni anni ed oggi il "Curtiss P 40 L Warhwak",
unico esemplare esistente in questa versione, si trova esposto presso
il
Museo di Piana delle Orme (8).
Museologia e criteri
espositivi
I relitti aeronautici, dopo il recupero ed il
successivo restauro, devono essere resi fruibili al pubblico secondo
precisi criteri espositivi.
Il metodo cronologico è normalmente quello
più seguito: i velivoli in questo caso vengono esposti secondo un
criterio temporale, avuto riguardo al periodo di fabbricazione ed
impiego degli
stessi.
Talvolta in considerazione dell'importante e particolare
sviluppo di alcune componenti dei velivoli quali, ad esempio, motori,
armamenti, apparati radio, sistemi radar od altro, potrebbe essere
necessario integrare ed intercalare l'esposizione con altre, più
specifiche di carattere monotematico, al fine di consentire una più particolareggiata
comprensione dell'argomento proposto ed evidenziare determinate caratteristiche
costruttive e tipologiche delle
macchine.
Oltre alle esposizioni a carattere monotematico, vi sono
le cosidette mostre commemorative o "a soggetto", spesso realizzate per
la rievocazione di determinate imprese, fatti, episodi od eventi, la cui
finalità è però quella di rappresentare esclusivamente cose o fatti
celebrativi che durano il periodo delle rievocazione e/o delle
celebrazioni.
In Italia vi sono alcuni importanti Musei
dell'Aeronautica i quali, oltre ad essere i luoghi dove sono fisicamente
custoditi ed esposti i velivoli ed i cimeli del passato, assumono
una rilevante funzione didattica nella divulgazione della conoscenze
e
della storia dello sviluppo tecnologico, che è parte integrante della
cultura dei paesi industrializzati.
Tra questi il Museo Storico
dell'Aeronautica Militare Vigna di Valle, la cui sede espositiva è
collocata in prossimità della sponda meridionale del lago di Bracciano,
già sede del primo cantiere sperimentale aeronautico. Inaugurato
il 24 maggio del 1977, il Museo raccoglie in quattro hangar distribuiti
su
un'area espositiva di circa undicimila metri quadrati, ben sessanta
velivoli di ogni epoca, ottanta motori e numerosi cimeli
aeronautici.
Di particolare interesse è anche il Parco Tematico
dell'Aviazione di Rimini, innaugurato il 2 aprile 1995, dove su un'area
all'aperto sono esposti circa trenta velivoli da combattimento. Nello
stesso Museo, in un padiglione coperto, è inoltre possibile osservare le
divise delle varie epoche e le tute di volo utilizzate dai piloti
italiani, unitamente a numerose immagini fotografiche inedite, decorazioni
e medaglie dei diversi "assi" della guerra aerea.
Inaugurato nel
1992, il Museo Gianni Caproni di Trento, raccoglie una collezione circa
venti aeroplani storici e numerosi cimeli raccolti e conservati nel tempo
dalla famiglia Caproni e da questa donata alla Provincia Autonoma di
Trento. E' doverso segnalare inoltre che il Museo Caproni, costantemente
impegnato nella divulgazione della cultura scientifica e tecnologica,
affianca alla tradizionale forma espositiva museale una nuova forma di
comunicazione divulgativa di tipo interattivo.
In ultimo, ma non meno
importante, il Museo Storico dell'Aeroporto Militare "Tommaso dal Molin"
di Vicenza, presso il quale è possibile osservare una significativa ed
importante collezione di alcuni velivoli storici nonchè diverse parti
di relitti, tra i quali i resti di un Me 109 G, parti di un Savoia
Marchetti SM, ed altro ancora.
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Conclusioni
Se l'industria
aeronautica, dopo il 1945, fosse stata capace di mantenere lo stesso
ritmo di sviluppo avuto durante gli anni della guerra, probabilmente
l'aviazione
sarebbe più sviluppata di quello che è attualmente, nonostante
gli incontestabili progressi dei voli spaziali.
Potrebbe sembrare un'amara
constatazione il fatto che l'ingegno umano raggiunge spesso durante
la guerra livelli di inventiva e capacità tecnica forse non riscontrabili nei
periodi di pace. Tuttavia gli straordinari progressi ottenuti nello
sviluppo dei mezzi aerei, degli apparati motore e degli armamenti sono
anche la testimonianza della capacità tecnica e produttiva delle nazioni
per le quali, nel bene e nel male, la "posta in gioco" era la loro
stessa sopravvivenza.
Gli aerei che caratterizzarono il secondo conflitto
mondiale sono macchine di grande bellezza, per il cui sviluppo le nazioni
belligeranti non risparmiarono enormi finanziamenti.
Tuttavia il
know-how tecnologico acquisito in un così relativamente breve periodo
di tempo ha lasciato aperte molte lacune circa l'evoluzione tecnica
e la
stessa storia aeronautica che ha caratterizzato quel periodo.
La
ricerca e lo studio dei reperti aeronautici potrà sicuramente colmare tali
lacune e probabilmente nel prossimo futuro la ricerca in mare dei relitti
aeronautici fornirà ancora un significativo contributo allo studio dei
velivoli storici ed alla disciplina dell'archeologia aeronautica anche
se,
tali ricerche dovranno necessariamente orientarsi, come già avviene per
l'archeologia subacquea (9), verso gli alti fondali, sicuramente più ricchi
di reperti aeronautici e fin'ora in gran parte inesplorati.
Alcune
ricerche effettuate con apparecchi da rilevamento acustico (side
scan sonar) fino a profondità prossime ai 200 metri attorno l'isola
di Malta, hanno evidenziato la presenza in questi fondali di
numerosi relitti
aeronautici.
Ma l'alta profondità (10) se da una parte garantisce
una maggiore "integrità" dei relitti, in quanto difficilmente accessibili
ai "cacciatori di souvenir" e poiché meno soggetti all'azione distruttiva
causata dalle reti "strascicanti", rendendoli così più "appetibili" per
la quantità di dati ed informazioni che possono fornire agli esperti,
d'altra parte presuppone l'impiego di mezzi d'intervento e tecnologie
per la
ricerca avanzati. Tra questi, ad esempio, tecniche di immersione
in saturazione, impiego di minisommergibili, campane d'immersione, R.O.V.
(11), ecc.,
tutte apparecchiature che sono normalmente
nella disponibilità degli Enti di Stato, dei Corpi Militari o delle grandi
Ditte di lavori subacquei.
Probabilmente, nel prossimo futuro, solo
l'auspicabile proficua collaborazione tra gli archeologi e gli
Enti dello Stato potrà contribuire ad un significativo sviluppo delle ricerche, così
da poter garantire alle future generazioni la conoscenza delle
testimonianze delle capacità evolutive dell'ingegno umano.
Note:
1) Nel 1921 il teorico d'arte
militare italiano generale Giulio Douhet (1869-1930), nel suo volume "Il
dominio dell'aria", sviluppò il principio secondo cui è possibile mettere
"in ginocchio" il nemico soltanto con massicci bombardamenti aerei.
Il
Dohuet espresse sinteticamente il suo concetto con la frase lapidaria:
"Opporre resistenza a terra e cercare di decidere le sorti della guerra in
aria!".
Winston Churchill commentò che, tra tutte le forme di forza
militare, il potere aereo è difficile da misurare ed è persino difficile
esprimerlo in termini precisi. Il potere aereo è in sé vigoroso,
flessibile, veloce e di ampio raggio ma, come il potere militare marino e
terrestre, la sua efficacia è inversamente proporzionale alla distanza
dalla base operativa.
2) In Italia si è proceduto, in almeno due
casi, al recupero di relitti aeronautici per consentirne il restauro e
la successiva musealizzazione: nel 1991 presso Capo Ferrato, in Sardegna,
venne recuperato, pressochè integro, il relitto del caccia italiano
"Reggiane Re 2001", poi restaurato presso le Officine del Museo Aeronautica
Vigna di Valle.
Sempre in Sardegna, nel 1996, venne rinvenuto un aereo
da caccia "Macchi MC 202". Dal velivolo è stato recuperato l'armamento di
lancio costituito da due mitragliatrici ed altre parti che, dopo il
restauro, vennero collocate su velivoli che ne erano sprovvisti.
Il 12
gennaio 1998, nel tratto di mare antistante Anzio, venne recuperato il
relitto di un aereo da caccia "Curtiss P 40 L Warhawk", unico esemplare
esistente di questa versione.
Presso il Museo dell'Aeronautica di Hedon
(Londra) si trova la più importante raccolta di velivoli militari della
Royal Air Force.
Tra questi aerei vi è il bombardiere "Handley Page
Halifax", matricola W 1048, che la notte del 27 aprile 1942 attaccò la
corazzata tedesca "Tirpiz" che si trovava all'ancora nel Frotten Fijord in
Norvegia. Colpito dalla contraerea il velivolo riuscì a compiere un
atterraggio di fortuna sulla superficie ghiacciata di un lago.
L'equipaggio del bombardiere riuscì a mettersi in salvo ma il velivolo, a
seguito del disgelo, colò a picco in un fondale di 25 metri. L'aereo venne
recuperato e, dopo il restauro, esposto presso il Museo della
R.A.F.
Dal 1995 il Museo dell'Aeronautica Vigna di Valle ha promosso
una campagna, denominata "Ali sul fondo", allo scopo di rintracciare ed
ove possibile recuperare le testimonianze del recente passato aeronautico
che si trovano nei mari italiani.
3) Nel 1994, il Dr. Domenico
Macaluso, Ispettore Onorario dell'Assessorato per i Beni Culturali della
Regione Sicilia, localizzò assieme ad alcuni subacquei del "Club
Seccagrande" un relitto aeronautico nella zona di mare antistante Ribera
(AG). Dopo la prima fase ricognitiva del velivolo si passò
all'individuazione mediante ricerche bibliografiche ed al confronto delle
fotografie del relitto con alcuni schemi di aerei della seconda guerra
mondiale.
Ma l'elemento determinante all'identificazione del relitto, che
venne poi accertato trattarsi di un caccia Aermacchi MC 202 "Folgore", fu
uno degli strumenti di bordo sul quale si poteva leggere distintamente
"Società Aeronautica Italiana Ing. Ambrosini", indizio che consentì di
"restringere" la ricerca ai soli velivoli italiani.
Inoltre, la
presenza a bordo dell'impianto di respirazione ad ossigeno del pilota,
di fabbricazione tedesca, permise di collocare temporalmente la perdita
dell'aereo sicuramente ad un periodo successivo la prima metà del 1942,
poichè l'installazione sul velivolo di questo tipo di impianto di
respirazione venne effettuata nell'aprile del 1942.
4) Giuseppe
Pesce, Archeologia Aeronautica, Stile Regina Editrice, 1988,
Roma.
5) A titolo di esempio si potrebbe citare il recupero
avvenuto nel 1969 dell'idrovolante "Curtiss HS 21", detto "La
Vigilante".
L'apparecchio affondò nelle acque del Lago Toss in Canada
il 2 settembre 1922 dopo un atterraggio di emergenza dove rimase
sott'acqua per ben 47 anni. Successivamente ne venne deciso il recupero
per consentirne il restauro e l'esposizione presso un museo. L'aereo si
presentava in complessive buone condizioni di conservazione grazie alla
melma del fondale che lo aveva ricoperto e che ne aveva preservato la
struttura lignea. Per scavare il relitto i subacquei utilizzarono delle
pompe aspiratrici (sorbone) e successivamente, dopo aver imbracato il
relitto, lo sollevarono con dei fusti metallici riempiti d'aria. Una volta
riportato a terra il velivolo venne trattato con "Carbowax 1540", una
sostanza utilizzata per proteggere e prevenire il deterioramento della
struttura che si sarebbe inevitabilmente "innescato" con l'esposizione
all'aria.
6) Giuseppe Pesce, op. cit.
7) Valter Fiorani,
"Era un caccia dell'ultima guerra", Mondo Sommerso nr.261, 1982, pp.
112-113.
8) G.Galvan e P. Francois, "Un falco americano emerge dal
mare", Aerei, nr., pp.52-53, 1998; Pietro Faggioli e Maurizio Lazzari,
"L'Aereo di Skipper", Mondo Sommerso nr.5, maggio 1998,
pp.48-59.
9) Nella sola zona francese del Mediterraneo sono stati
localizzati ben 600 siti archeologici, di questi il numero dei siti
profondi rappresenta il 12% del totale (tratto da F. Benoit,
"L'Archéologie sous-marine à grand profondeur: fiction ou réalité" in
"Archeologia subacquea come opera l'archeologo sott'acqua storia delle
acque", Quaderni del Dipartimento di archeologia e Storia delle Arti,
Sezione Archeologica, Università di Siena, Edizioni all'Insegna del
Giglio, 1998, Firenze).
10) Secondo le attuali Leggi e normative
che disciplinano e regolamentano la ricerca e l'attività professionale
subacquea, più o meno armonizzate e unificate nei paesi della Comunità
Europea, sono considerate attività di "alto fondale" tutte le operazioni
subacquee effettuate oltre i 50 metri di profondità.
11) R.O.V.:
Remotely Controlled Vehicle, veicoli subacquei collegati alla superficie
mediante ombelicale e dotati di propulsori elettrici o idraulici che
consentono loro di spostarsi tridimensionalmente.
Bibliografia:
- Giuseppe Pesce, Archeologia
Aeronautica, Stile Regina Editrice, 1988, Roma;
- AA.VV., Archeologia
subacquea come opera l'archeologo sott'acqua storia delle acque, Quaderni
del Dipartimento di archeologia e Storia delle Arti, Sezione Archeologica,
Università di Siena, Edizioni all'Insegna del Giglio, 1998, Firenze;
-
Janusz Piekalkiewicz, Guerra Aerea 1939 - 1945, Istituto Geografico De
Agostini, 1981, Novara;
- Alfred Price, I Bombardieri nella Seconda
Guerra Mondiale, Fratelli Melita Editori, 1992, La Spezia;
-
Christopher Chant, Aerei della Seconda Guerra Mondiale, Istituto
Geografico De Agostini, 1976, Novara;
- Philip Makanna, Fantasmi, aerei
della seconda guerra mondiale oggi, Istituto Geografico De Agostini, 1988,
Novara.
- Valter Fiorani, "Era un caccia dell'ultima guerra", Mondo
Sommerso nr.261, 1982, pp. 112-113;
- G.Galvan e P. Francois, "Un falco
americano emerge dal mare", Aerei, nr., pp.52-53, 1998;
- Pietro
Faggioli e Maurizio Lazzari, "L'Aereo di Skipper", Mondo Sommerso nr.5,
maggio 1998, pp.48-59;
- Piero Dell'Amico, "La Marina Militare italiana
e l'archeologia subacquea", Rivista Marittima, marzo 1999,
pp.117-136;
- Diego Abbo, "Archeologia subacquea", Rivista Marittima,
luglio 1999, pp.45-70.